Le nuove sfide educative del lento ritorno alla normalità

Il primo documento promosso dal Consiglio Scientifico della Sezione “Educazione” dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS-EDU), a poche settimane dal suo insediamento, ha rappresentato un’esortazione a cogliere le molteplici sfide che il biennio pandemico ha posto all’orizzonte nelle vite di ciascuno di noi come donne, uomini, genitori, ricercatori e studenti. Tuttavia, pur ad anno accademico ampiamente avviato e quasi al termine del primo quadrimestre dell’anno scolastico, a seguito della recente recrudescenza della pandemia da Covid 19 , quanto rappresentato in quel documento è ancora davvero attuale.

Il documento dell’AIS-EDU, infatti, dal titolo “Il rientro a scuola e all’università: I rischi del ritorno alla normalità e le sfide che dobbiamo cogliere” fa il punto sulla centralità che sono venuti ad assumere alcuni nuovi aspetti della vita educativa, tra cui il rapporto tra le scuole, le università e le famiglie e il ruolo delle nuove tecnologie didattiche.

Come il Consiglio Scientifico di AIS-EDU ha messo in luce, il ritorno alla “normalità” nella vita scolastica e accademica non è ancora scontato, se è vero che spesso alle scuole viene demandato il compito di supplire ad alcune lacune del sistema sanitario nel processo di tracciamento dei positivi e che ogni giorno le scuole e le università ancora continuano a sperimentare modalità didattiche miste (blended-learning).

Ecco allora che, in un’ottica di presa di coscienza dei mutamenti in corso, il documento proposto dall’AIS-EDU persegue l’obiettivo dichiarato di “stimolare una riflessione inter-disciplinare e condivisa finalizzata a diffondere una comunicazione istituzionale e sociale corretta e basata sulla fiducia” rispetto alle novità cui le istituzioni formative stanno facendo fronte in questi mesi.

Se da un lato, infatti, i sistemi formativi hanno il compito di fare tesoro delle lezioni apprese nelle difficoltà, dall’altro lato a tutta l’opinione pubblica interessata alle tematiche educative sarà demandata l’esigenza di vegliare affinché le diseguaglianze che la pandemia ha generato possano ridursi, specie dal lato dell’accesso alla formazione e dell’inclusione dei soggetti più fragili della comunità educante.

La stessa gestione della modalità didattica mista cui scuole e università stanno facendo fronte in questi mesi, rischia di abbandonare le lezioni di diversificazione dei modelli educativi nel cui ambito la ricerca socio-educativa aveva compiuto significativi passi avanti negli anni passati. Oggi le istituzioni formative sono spesso costrette dalla contingenza a proporre per lo più modelli di insegnamento/apprendimento di carattere prevalentemente nozionistico e sempre meno esperienziale.

Come il documento mette in luce, “il biennio scolastico 2020-21 è stato un periodo di rottura ma anche di cambiamento. Gli/le insegnanti, le studentesse e gli studenti, le famiglie, i vertici delle istituzioni educative, hanno appreso molto e occorre fare tesoro degli apprendimenti realizzati”, sebbene oggi emergano con particolare veemenza alcuni temi prioritari su cui la partnership tra istituzioni formative, ricerca e opinione pubblica avrebbe – come AIS-EDU mette in luce – il dovere di confrontarsi liberamente.

 

 

I temi principali identificati dal Consiglio Scientifico di AIS-EDU sono:

il rischio di una eccessiva frammentazione delle istituzioni educative; le difficoltà di relazione tra le scuole e le famiglie; l’urgenza di ridefinire un patto educativo tra i docenti e gli studenti; l’importanza di una corretta comunicazione istituzionale e sociale; il rischio del monopolio delle piattaforme private di e-learning.

 

I temi prioritari di riflessione

Dal punto di vista del rischio della frammentazione nelle istituzioni scolastiche e universitarie, l’AIS-EDU ha messo in evidenza con particolare riguardo le difficoltà legate a una concezione per lo più esecutiva delle istituzioni formative, sovente concepite dal legislatore in un’ottica meramente adempimentale rispetto alle decisioni assunte in maniera accentrata dai vertici istituzionali, a fronte di un impoverimento non solo dell’autonomia e del decentramento che avevano caratterizzato la tendenza principale del periodo precedente, ma anche dei momenti di riflessione collegiale che – svolti per lo più a distanza – hanno via via sottovalutato l’importanza del confronto collettivo e della dialettica democratica. In taluni casi, inoltre, la possibilità di condividere informazioni e idee solo a distanza può aver favorito processi di polarizzazione tra docenti di idee diverse, così come avviene prevalentemente sui social media, compromettendo possibilità proficue di inserimento nel corpo docente degli insegnanti più giovani e/o di quelli precari, che non riescono a rendersi pienamente conto delle diverse sfaccettature dell’ente in cui hanno cominciato a lavorare. Al contrario, l’alternarsi di periodi di didattica a distanza e didattica in presenza ha generato sensazioni di spaesamento specie negli insegnanti più anziani, spesso privi di competenze informali di flessibilità in ordine all’utilizzo dei nuovi dispositivi telematici. Ancora, l’utilizzo crescente delle modalità di discussione da remoto tende a ridurre quegli imprescindibili momenti di contatto informale, anche se non direttamente legati all’ufficialità della discussione collegiale, nondimeno fondamentali per la costruzione di buone relazioni interpersonali fondate sulla coesione tra i diversi componenti della “comunità educante”.

Anche dal punto di vista professionale le dinamiche sembrano muoversi nell’ottica di un restringimento degli spazi di intervento del professionista della conoscenza: il documento mette in luce, infatti, come “le ricerche condotte nell’ultimo biennio mostrino che il singolo docente, dal punto di vista istituzionale, finisca per essere isolato, diventando un terminale periferico dell’organizzazione e un esecutore di prescrizioni. I processi lavorativi risultano, in questo modo, segmentati e il personale scolastico e universitario indebolito nella sua capacità di negoziare la propria posizione nello spazio organizzativo”.

Dal punto di vista della relazione tra le istituzioni formative e le famiglie, tra gli aspetti considerati degni di nota dall’AIS-EDU figurano la difficoltà di relazione (che troppo spesso si traduce in vera e propria esclusione) da parte delle scuole e delle università con le famiglie che dispongono di un capitale culturale, linguistico, sociale e digitale più modesto. Come contraltare a questo così urgente obiettivo di cambio di rotta, in taluni contesti, all’opposto, si è osservata una certa ingerenza da parte delle famiglie nello svolgimento della didattica. In generale, anche in questo caso, si sono affievoliti sino a scomparire momenti informali di convivialità in cui le famiglie stesse potessero aver occasione di sentirsi parte di una medesima comunità, come ad esempio le feste di Natale e carnevale o le recite di fine anno, concepite come importanti momenti di condivisione e comprensione del senso dell’azione pedagogica.

Il documento si concentra poi sui significativi sacrifici richiesti dal sistema-paese alle più giovani generazioni, principalmente sul fronte dell’endiadi di sviluppo fisico e psicoemotivo. Ancora una volta la DAD è stata spesso contemplata solo come mero strumento di replica dei modelli pedagogici più risalenti quali la lezione frontale e la consegna di compiti, cui è conseguita una valutazione per lo più unilaterale dello studente spesso solo sulla base della rispondenza a questi criteri, perdendo di vista lo sviluppo complessivo dello studente concepito come persona a tutto tondo. Particolarmente acute, poi, sono apparse le difficoltà delle studentesse e degli studenti al passaggio da un ciclo all’altro di istruzione, per esempio dalle elementari alle medie o dalle medie alle superiori: si tratta di bambini e ragazzi che spesso si sono trovati isolati rispetto a un’istituzione percepita a livello interiore come estranea, nell’impossibilità di condivisione delle tipiche esperienze di socialità, così rilevanti per un pieno processo di apprendimento e formazione della persona.

Ancora, il documento si è soffermato sulla necessità di una più corretta comunicazione istituzionale e sociale, in grado di contemplare la scuola nella sua complessità, giacché essa rappresenta un’istituzione in primo luogo impegnata sul fronte della risposta ai bisogni sociali e non solo rispondente al dettato della risposta all’emergenza sanitaria. Dal punto di vista dell’applicazione pratica delle normative politico-istituzionali, inoltre, le scuole e gli atenei manifestano oggi l’esigenza di una migliore comunicazione interna rispetto ai cambiamenti che via via intervengono, principalmente nei confronti del personale impiegato per l’istituzione, così come, dal punto di vista della comunicazione esterna, la necessità di spiegare agli studenti e alle famiglie i vari mutamenti in corso.

Un capitolo a parte del documento sul rientro a scuola e all’università riguarda poi la riflessione che l’AIS-EDU compie sulle piattaforme e-learning private valutandone gli aspetti di monopolio. Il mercato oggi è infatti dominato da colossi afferenti ai grandi gruppi informatici privati; questo ha posto agli studiosi di tutto il mondo interrogativi riguardanti la proprietà dei dati e la privacy degli stessi, specie dal lato dei dati sensibili. Un’altra priorità sottolineata dal documento riguarda l’aggiornamento professionale dei docenti meno competenti nell’uso delle nuove tecnologie digitali, al fine di supportare anche per loro il miglior sviluppo possibile di know-how tecnologico.

Più in generale, l’AIS-EDU propone di scongiurare – superato l’attuale momento di emergenza – la tendenza a privatizzare esponenzialmente lo spazio dell’insegnamento, che deve rimanere saldamente spazio pubblico. Da questo punto di vista, in particolare, il documento insiste per un modello sempre più partecipativo anche rispetto alla coprogettazione della didattica a distanza, affinché “come avvenuto in altri paesi, lo Stato possa farsi promotore di avviare e sostenere la creazione di piattaforme digitali per l’educazione che siano di tipo pubblico, sottoposte cioè a forme di controllo democratico anche da parte di chi lavora nelle istituzioni educative”.

Come il documento mette in luce nelle sue conclusioni, ogni momento di crisi, può tramutarsi in un momento di proficuo apprendimento, nel momento in cui sia data la possibilità di divenire capaci di cogliere le opportunità che emergono dalla crisi. Ad esempio, la necessità oggi sentita di evitare il più possibile gli spazi chiusi, potrebbe tradursi per quanto possibile nella diffusione degli spazi di apprendimento anche all’esterno: da questo punto di vista, secondo l’AIS-EDU, scuole e università potrebbero sfruttare cortili, musei, giardini e spazi urbani anche gestiti dall’associazionismo del Terzo Settore, in un’ottica di maggiore integrazione tra apprendimento formale, non formale e informale, anche alla luce dell’aumento delle possibilità di fare rete con il proprio territorio di appartenenza e con le sue istituzioni locali. Nella prospettiva delineata da AIS-EDU, infatti, questa crisi potrà rappresentare un’opportunità di riflessione collettiva sulla creazione di pratiche educative al contempo innovative e il più possibile condivise.

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