Open Science, digitalizzazione e crossmedialità: le sfide innovative per il futuro della valutazione educativa

Open Science, digitalizzazione e crossmedialità non rappresentano soltanto nozioni che hanno preso forma negli anni della rivoluzione digitale, ma vere e proprie sfide innovative anche per il futuro della ricerca educativa e valutativa. Divulgare la ricerca scientifica attraverso i nuovi media, con il fine di ridurre il più possibile la distanza tra i luoghi in cui la ricerca scientifica prende vita e l’opinione pubblica, è un processo che si accompagna anche con la valorizzazione delle forme tradizionali in cui la ricerca scientifica è stata condotta sino ad oggi. Si tratta di un approccio mirato alla sinergia e al valore aggiunto offerto dal dialogo tra gli strumenti familiari del settore della ricerca (tra cui i volumi cartacei e le riviste) con le opportunità introdotte più di recente grazie al web e ai sempre più numerosi dispositivi e software informatici (si pensi a titolo esemplificativo alle pubblicazioni in Open Access e all’archiviazione digitale del patrimonio scientifico).

Pensare globalmente, agire localmente

La recente ondata pandemica da COVID-19, con i cambiamenti che ha innescato a livello internazionale in termini di stili di vita, ha comportato la necessità di una celere e improvvisa ridefinizione delle proprie abitudini, mediata dall’esigenza di distanziamento fisico tra gli individui al fine di agevolare una limitazione nella velocità di propagazione del virus, cui è conseguito – principalmente nei paesi più ricchi e maggiormente dotati di infrastrutture – un ricorso straordinario a quel ventaglio plurale di nuove tecnologie capaci di consentire la prosecuzione degli interscambi personali e professionali (dai webinar, alle piattaforme di conference call, a quelle di e-learning, sino all’uso dei registri scolastici elettronici, ormai diffusi capillarmente nella scuola italiana). 

Guardare con realismo alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie significa tuttavia anche prendere coscienza dei limiti di accesso ad esse, soprattutto per le famiglie più svantaggiate e per i territori delle aree interne, più distanti dai maggiori centri. Questa consapevolezza è fondamentale per sensibilizzare le istituzioni e la stessa ricerca scientifica alla necessità di estendere i diritti di cittadinanza digitale: una concezione ritenuta cruciale dalla stessa legislazione italiana, al fine di rendere possibile per tutti i cittadini «l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, accede[ndo] a tutti i dati, i documenti e i servizi  di  loro  interesse  in  modalità digitale» (Legge 7 agosto 2015, n. 124). 

Da questo punto di vista, la ricerca sociologica applicata al settore della scienza dell’informazione ha distinto almeno tre tipologie di accesso alle tecnologie informatiche utili al fine di identificare e superare il digital divide, inteso quale insieme di disuguaglianze infrastrutturali in termini di utilizzo delle strumentazioni e delle reti informatiche, nonché mancanza di consuetudine – soprattutto per la platea dei non nativi digitali – con le caratteristiche proprie degli stessi device elettronici. La ricerca ha dedicato anche la sua attenzione a studiare la natura dei contenuti maggiormente ricercati dagli utenti digitali, sottolineando come i contenuti che non vengono solamente fruiti ma più propriamente approfonditi sono quelli giudicati significativi, ovvero maggiormente corrispondenti agli interessi di ricerca di chi naviga in rete (Wei, Blanks Hindman, 2011).

La prima qualificazione relativa alla definizione di accesso digitale riguarda l’accesso materiale tout-court, inteso quale possibilità effettiva di accedere alle strumentazioni informatiche (Van Dijk, 2012); l’accesso mentale implica piuttosto la motivazione e la disposizione a impadronirsi del linguaggio multimediale (Epstein, Nisbet e Gillespie, 2011); infine l’uso significativo comporta la possibilità di accedere a informazioni valutate come stimolanti e “ricche di senso”, con il valore aggiunto di favorire il coinvolgimento, l’inclusione sociale e il superamento di gap conoscitivi e informativi (cfr. Wei e Hindman, cit., pp. 221-222). Favorire il passaggio da un grado all’altro di questi livelli di accesso ai nuovi linguaggi digitali, di cui gli enti di ricerca si stanno progressivamente – ancorché faticosamente – dotando, rappresenta una sfida per l’innovazione scientifica stessa. 

Come ha messo in luce la ricercatrice dell’Università di Genova Valeria Pandolfini nell’ambito della curatela In between tra notizia e rivista (acd D. Poliandri et al., INVALSI/Franco Angeli, 2020, p. 201): «Ferme restando le potenzialità offerte dalla Rete in termini di divulgazione e ampliamento delle possibilità individuali di acquisire, produrre e condividere conoscenza in diversi ambiti del sapere, un aspetto che non va assolutamente trascurato si riferisce al rischio dell’emergere/consolidarsi di nuove forme di disuguaglianze sociali legate al digitale. […] Il concetto di disuguaglianza digitale mostra la complessità e multidimensionalità del rapporto fra media digitali e disuguaglianze sociali, in termini di differenze riscontrabili tra le persone sulla base di diverse risorse culturali e sociali degli individui. In altri termini, l’utenza meno digitalizzata, vuoi per carenti competenze informatiche, vuoi per l’impossibilità di accedere alla Rete, potrebbe disporre di minori opportunità di altri di usufruire delle potenzialità del Web, rischiando di rimanere esclusa e di far parte di quella porzione della popolazione di “disconnessi”, non soltanto in termini di accesso alla Rete, ma in un’accezione più ampia, con rischi di esclusione e vulnerabilità sociale. Coloro che hanno meno possibilità di accesso all’informazione e alla comunicazione online sono proprio le categorie di utenti più svantaggiati per condizioni socio-economiche. Il gap tecnologico e di conoscenze rinforza lo status quo, aumenta la divisione tra “chi può e chi non può”: nell’attuale Web Society, nella società comunicazionale, infatti, avere preclusa la possibilità di accesso significa rischiare di essere tagliati fuori, di restare indietro, di non poter partecipare, di non avere voce».

Il problema dell’accesso alle risorse telematiche ha sinora caratterizzato l’intero periodo pandemico, comportando un adattamento delle modalità di fare scuolafare lezione e valutare da parte del corpo docente, come ha recentemente messo in luce nel suo Editoriale su Valu.Enews 13/2020, il pedagogista Pier Cesare Rivoltella, Direttore del Centro di ricerca sull’educazione ai media CREMIT dell’Università Cattolica di Milano e partner dell’attività di ricerca INVALSI Valu.E for Schools

Il digital divide, soprattutto in ambito scolastico, è tornato a preoccupare in considerazione dell’aumento delle ore di didattica a distanza o integrata conseguente alla recrudescenza dell’ondata virale di quest’autunno. Come ha monitorato la rivista Open, è stato calcolato che siano oltre 280.000 i pc o i tablet necessari per colmare il gap tecnologico degli studenti più svantaggiati nel nostro Paese. Lo stesso monitoraggio ha individuato più di 330.000 alunni non raggiunti da alcun tipo di connessione durante il lockdown. Il problema si acuisce soprattutto nelle aree interne della penisola, connotate da una perdurante carenza infrastrutturale. La più recente delle indagini sul digital divide – condotta da Coldiretti e pubblicata il primo novembre 2020 – ha del resto rilevato come quasi una famiglia su tre, ovvero il 32% dei nuclei che risiedono nelle aree rurali, non disponga di una connessione a banda larga.

Anche l’impresa sociale Con I Bambini, in collaborazione con Openpolis, ha pubblicato nel luglio 2020 un Report sul divario digitale dei ragazzi italiani, da cui si evince come «il 12,3% dei giovani non possieda un pc o tablet, quota che arriva al 20% nel Mezzogiorno. Oltre un milione di minori, inoltre, vive in Comuni dove nessuna famiglia è raggiunta dalla rete fissa veloce». 

Come ha messo in luce la Redazione di INVALSIOpen all’inizio di settembre, commentando l’uscita del Rapporto La scuola e i suoi esclusi a cura del CENSIS (ottobre 2020), sebbene siano stati fatti «importanti passi avanti riguardo l’inclusione e l’equità scolastica, sono ancora tanti i bambini e i ragazzi a rischio di esclusione e insuccesso scolastico, soprattutto tra coloro che appartengono a categorie più vulnerabili dal punto di vista degli apprendimenti. Con l’avvio della DaD inoltre molti studenti hanno incontrato non poche difficoltà nel seguire le lezioni online per l’assenza di attrezzature tecnologiche oppure a causa di ambienti domestici poco adatti a fruire le lezioni per via telematica».

Il recente Rapporto curato dal Programma Povertà Educativa di Save the Children su L’impatto del coronavirus sulla povertà educativa (maggio 2020) – realizzato con la collaborazione di esperti MIUR, INVALSI, ISTAT e INPS – ha consegnato alle istituzioni nazionali un decalogo di Raccomandazioni per l’effettiva promozione della didattica integrata per tutti gli studenti, mirando ad «attivare tempestivamente programmi di sostegno individuale mirati agli studenti più in difficoltà e con bisogni educativi speciali, prevedendo per loro l’accompagnamento di un tutor, che li affianchi nello studio a distanza, anche attraverso una stretta collaborazione tra scuole e terzo settore. Un altro punto delle Raccomandazioni non dimentica di sottolineare i rischi di un’iperconnessione mediata dai dispositivi informatici anche in termini di salute emotiva. Si legge, infatti, nel Rapporto: «[occorre] aggiornare le linee guida per la fruizione della didattica a distanza dando maggiore attenzione alle sempre più emergenti necessità rispetto alla salute dei minorenni connessi on line per periodi troppo prolungati. Una particolare attenzione dovrà esser data allo sviluppo di risorse dedicate per lo sviluppo socio-emozionale e per facilitare il mantenimento delle relazioni educative e il rapporto tra pari.

Parole chiave per la valutazione di domani

Open science, digitalizzazione e crossmedialità sono tre parole chiave di fondamentale importanza per promuovere l’innovazione e lo sviluppo della valutazione: è lavorando su questi tre asset strategici che i ricercatori del Progetto PON Valu.E, coordinato dall’INVALSI sotto l’egida dell’Area di ricerca Innovazione e sviluppo, si stanno impegnando nella conduzione delle attività scientifiche del Progetto PON, anche in questi mesi difficili caratterizzati dalla crisi sanitaria e sociale. La situazione pandemica, infatti, ha determinato l’emergere di un orizzonte inedito in cui proprio le nuove tecnologie hanno assunto una rilevanza imprescindibile, come ha messo in luce lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, secondo cui il superamento del digital divide è diventato oggi niente meno che “una questione di vita o di morte”, alla luce del rilievo che le tecnologie informatiche rivestono per il pieno raggiungimento di diritti quali la formazione a distanza e il lavoro.

Dal punto di vista dell’Open Science i ricercatori del Progetto PON Valu.E affiancano le tradizionali modalità di pubblicare le proprie ricerche in cartaceo con una sempre più attenta collaborazione con quei siti, enti ed editori che decidono di pubblicare lavori scientifici in formato Open Access, favorendo in tal modo un più semplice e immediato accesso alle conoscenze, aumentando la possibilità da parte dell’opinione pubblica di avvicinarsi ai luoghi in cui il sapere scientifico prende forma. In questo senso, la collana INVALSI PER LA RICERCA edita dalla Casa Editrice Franco Angeli di Milano – e fruibile da tutti in formato Open Access – è giunta in un paio d’anni a pubblicare sette curatele scientifiche, con oltre 100 ricercatori e studiosi intervenuti, provenienti non soltanto dal mondo INVALSI, ma anche dalla scuola, dal terzo settore, da quello cooperativo o intercettando alcune significative esperienze del mondo privato interessato alla qualità del sistema scolastico del nostro Paese. Raccogliendo in un unico volume i numerosi interventi che il Progetto PON Valu.E ha ospitato sul Research Magazine Valu.Enews nel corso dell’annualità di ricerca 2017-2018, Donatella Poliandri, Mattia Baglieri, Ughetta Favazzi e Roberta Cristallo, in collaborazione con Nicoletta Di Bello, hanno pubblicato per la collana INVALSI PER LA RICERCA la curatela In between tra notizia e rivista. Valutazione e innovazione: un anno di divulgazione scientifica per la ricerca educativa (257 pg., Franco Angeli, Milano 2020). 

Dal punto di vista dell’importanza della digitalizzazione per le politiche e le pratiche educative, l’attività di ricerca Valu.E for Schools, mediante l’Azione 2 del Progetto PON Valu.E dedicata a “sostenere l’autovalutazione delle scuole”, ha costituito il terreno fertile per la progettazione e la messa alla prova di tre piattaforme informatiche di ricerca e azione, utili per la compartecipazione al processo formativo di oltre 400 tra dirigenti e insegnanti provenienti da 9 regioni italiane, chiamati nei mesi scorsi a promuovere la cultura della competenza di autovalutazione scolastica. L’attività di ricerca Valu.E for Schools, in particolare, è coordinata dall’INVALSI con il contributo delle Università Cattolica di Milano, Bologna e Torino, dell’Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti (OPPI) e dell’operatore specializzato Know K., che in costante sinergia tra i gruppi di ricerca coinvolti hanno insieme elaborato un piano di interventi per l’aggiornamento professionale degli educatori sul rilievo dell’autovalutazione formativa e del dialogo professionale. Come ha messo in luce Pier Cesare Rivoltella su Valu.Enews, la metodologia di lavoro adottata si avvale di alcune tra le più recenti tecnologie informatiche per la scuola, prevedendo sia incontri formativi a distanza in modalità sincrona tra tutti i partecipanti sia momenti dedicati allo studio e all’approfondimento dei materiali cui ciascun partecipante al programma formativo può decidere autonomamente di dedicarsi (modalità asincrona). Il programma formativo è improntato a favorire la riflessività professionale del corpo docente e dei dirigenti scolastici mediante occasioni di interscambio tra i professionisti del sistema educativo degli istituti comprensivi che hanno aderito allo stesso programma, in collaborazione con i ricercatori universitari coinvolti e con gli esperti di competenze di autovalutazione scolastica. L’apprendimento cooperativo, inoltre, è ispirato ad una logica trasversale mirata a superare alcuni steccati disciplinari che negli anni sono parsi a più riprese caratterizzare l’ambiente scolastico, da un lato, e l’ambiente accademico, dall’altro lato. Nella ricerca/azione Valu.E for Schools, infatti, l’ambizione è proprio quella di una crescita professionale per tutti gli attori coinvolti siano essi discenti, docenti e ricercatori INVALSI. 

Interessati alla relazione tra i diversi media, in un periodo storico in cui i prodotti della ricerca cartacei e quelli interattivi e telematici convivono insieme senza necessità che i linguaggi si sostituiscano l’uno con l’altro, quanto piuttosto favorendo l’interazione tra gli approcci alla ricerca più tradizionali e quelli più innovativi, il Gruppo di ricerca del Progetto PON Valu.E e la Redazione di Valu.Enews hanno infine approfondito il tema della crossmedialità. L’interrogativo circa le modalità di trasposizione scientifica dei linguaggi della ricerca dai prodotti cartacei a quelli informatici ha caratterizzato il Progetto presentato nell’ambito dell’Assemblea nazionale dei Soci 2020 dell’Associazione Italiana di Valutazione (AIV), dal titolo Esperienze di crossmedialità nella divulgazione della valutazione educativa: Valu.Enews in between tra web research magazine e volume cartaceo da Donatella Poliandri, Mattia Baglieri e Roberta Cristallo, Progetto con il quale l’INVALSI è stato insignito della “Menzione Speciale” del Premio Buone Pratiche per la PA 2020. In particolare, l’AIV ha riconosciuto nell’interesse mostrato dal Progetto PON Valu.E ai temi della crossmedialità “un’iniziativa particolarmente rilevante per sperimentare nuove forme di comunicazione della valutazione e per ampliare il dibattito e la riflessione sull’uso della valutazione in ambito scolastico” (Comunicazione AIV del 27 aprile 2020). Anche la progettazione di un archivio digitale della ricerca (repository scientifico), cui il Gruppo di ricerca del Progetto PON Valu.E si sta dedicando – e di cui si sono evidenziate le principali traiettorie di sviluppo nel corso della precedente edizione di Valu.Enews – rappresenta un modo di ordinare la documentazione prodotta dal Progetto in questi anni di operatività, configurando uno strumento di semplice accesso da cui scaricare materiale utile per la rendicontazione sociale, così come per l’elaborazione di bibliografie e nuovi prodotti della ricerca all’intersezione tra i caratteri tradizionali e quelli più innovativi in ambito educativo e valutativo.

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